L’utilizzo di divise virtuali da parte delle banche centrali (CBDC) sembra destinato ad agitare le acque all’interno dell’Unione Europea. Dopo le parole di Vitas Vasiliauskas Presidente del Consiglio d’Amministrazione della Bank of Lithuania e membro del Consiglio Direttivo della BCE in loro appoggio, è ora il turno di Jens Weidmann, numero uno della Deutsche Bundesbank, che ha deciso di entrare nella discussione con tutta la forza derivante dalla guida della banca centrale teutonica.
La contrarietà di Weidmann
Weidmann, che è anche membro del consiglio d’amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), ha infatti voluto rendere del tutto nota la sua decisa contrarietà di fronte all’ipotesi dell’adozione di monete digitali da parte delle banche centrali, affermando che da una mossa di questo genere potrebbe derivare gravi ripercussioni sull’intero sistema finanziario. Secondo il presidente di Deutsche Bundesbank la possibilità di accedere agli digitali da parte della popolazione potrebbe rivelarsi una vera e propria falla di sistema nel caso di crisi monetarie tali da spingere i risparmiatori ad una corsa agli sportelli. La facilità con cui è possibile dare vita alle transazioni e alle operazioni di riscossione che è tipica delle divise virtuali, infatti, sarebbe, in grado di accelerare il collasso dei prestatori di denaro in evenienze di questo genere. Uno scenario da incubo e tale da costringere gli istituti bancari di ogni parte del globo a modificare i propri modelli di business per evitarlo, anche nel caso che le condizioni del quadro economico siano favorevoli. Altro difetto ipotizzato da Weidmann è poi quello riferito alla volatilità delle cryptocurrency, il quale si potrebbe riflettere sull’intera economia, generando effetti potenzialmente disastrosi sui bilanci delle banche centrali.
Una posizione non nuova
Le dichiarazioni in tal senso di Weidmann non rappresentano comunque una novità. L’economista tedesco, che è il principale candidato alla successione di Mario Draghi alla guida della Banca Centrale Europea, già nel febbraio del 2018 si era espresso contro le CBDC. All’epoca per rinforzare il suo concetto aveva ricordato la corsa agli sportelli vista nel 2007 presso le filiali di Northern Rock, affermando che uno scenario analogo avrebbe potuto avere un impatto negativo ancora maggiore sul sistema finanziario nel caso in cui fossero state coinvolte anche le monete virtuali. Nell’eventualità di una crisi limitata agli asset analogici, infatti, i clienti possono ritirare i loro soldi, ma possono anche essere frenati dalla considerazione che in un caso di questo genere dovrebbero disporre di strumenti alternativi per mettere al sicuro i propri risparmi, eventualità tale da comportare comunque rischi e costi, i quali invece non esisterebbero potendo avere a disposizione sportelli digitali. Lo stesso Weidmann, peraltro, si era già attivato contro Bitcoin e Altcoin dall’interno della BRI, la più antica istituzione finanziaria internazionale, partecipando alla stesura di un corposo documento di 24 pagine in cui gli utenti erano stati allertati a causa dall’instabilità delle valute virtuali, definite senza mezzi termini inaffidabili rispetto alle monete tradizionali oltre che pericolose per il web e per l’ambiente. Il rapporto elaborato nel 2018 aveva poi affermato come gli asset digitali rischierebbero di mandare in tilt l’intero sistema in caso di utilizzo contemporaneo da parte di tutte le persone che possiedono una moneta digitale. Una eventualità che comporterebbe un aumento a dismisura delle dimensioni della blockchain, ovvero il libro mastro elettronico in cui vengono registrate tutte le transazioni che hanno luogo sull’infrastruttura digitale. Una ipotesi tale da prefigurare un blocco del web, in quanto manderebbe in tilt la capacità di memoria tipica dei dispositivi come il personal computer o lo smartphone, un problema che potrebbe essere aggirato solo mediante l’utilizzo di supercomputer.
La critica di Tony Anderson
Il parere di Weidmann era stato all’epoca criticato da Tony Anderson, analista dello studio legale Pinsent Masons, secondo il quale la possibilità di avere una criptovaluta emessa dalle banche centrali in qualità di alternativa al denaro contante non andrebbe automaticamente a riflettersi su una corsa agli sportelli presso le tradizionali banche commerciali, in quanto equivarrebbe ad estrarre fondi in denaro contante dalla banca in questione. Lo stesso Anderson aveva affermato che i livelli di volatilità di Bitcoin e altri asset digitali non potrebbero mai essere raggiunti da una CBDC per definizione legata al valore intrinseco della divisa del paese e sottoposta di conseguenza alla bassa volatilità della moneta nazionale di riferimento. Inoltre anche da un punto di vista logistico, secondo Anderson, i correntisti non avrebbero particolari incentivi a trasferire i loro fondi presso le banche centrali sotto forma di criptovalute, preferendole alle banche commerciali.
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